Mario De Biasi è nato a Sois, in provincia di Belluno nel 1923; a 15 anni si trasferisce a Milano, ospite della sorella, divenendo milanese d’adozione. Frequenta un un corso serale per radiotecnici e trova un impiego alla Magneti Marelli. Durante la Seconda Guerra Mondiale viene deportato a Norimberga per sottoporlo al lavoro coatto di radiotecnico e qui impara il tedesco. Negli ultimi anni della guerra, studia un manualetto di fotografia, trovato tra le macerie della Città ed inizia a fotografare con una Welta 6×6, donatagli dalla famiglia che lo ospita a Norimberga.
Nel 1946 De Biasi torna alla Magneti Marelli di Sesto San Giovanni e da questo momento si immerge nel mondo della fotografia (studia riviste, visita mostre, incontra fotografi famosi) e pubblica alcune sue immagini su riviste.
Nel 1948 presenta la sua prima mostra personale presso il Circolo Fotografico Milanese. Nel 1953 si licenzia dalla Magneti Marelli per iniziare la carriera di fotoreporter per la rivista “Epoca”, che lo porterà a raggiungere fama internazionale. Nell’arco dei trent’anni in cui lavora per Epoca, realizza centotrenta copertine e svariati reportage da tutto il mondo. Anche nel tempo libero la fotografia è la sua passione: spesso, dopo aver terminato “il servizio” per la rivista, si intrattiene a sue spese nel Paese in cui è stato inviato per scattare “le sue immagini”.
Durante la rivolta di Budapest (1956) ritrae “da dentro” le azioni più drammatiche, mettendo a repentaglio la propria incolumità personale (resta anche ferito da una scheggia di bomba), tanto che i giornalisti lo indicano come “l’italiano pazzo”; questo reportage, uno dei più crudi e duri della sua carriera, lo rende universalmente famoso. La ricerca "a qualunque costo" del miglior punto di vista per i suoi scatti, che è già evidente in questo reportage, lo accompagnerà per tutta la vita.
Negli anni che seguono fotografa guerre, sommosse civili, catastrofi naturali, fatti di cronaca, personaggi famosi, avvenimenti dello spettacolo e del cinema, eventi politici, ma anche la vita di tutti i giorni sia in Italia che all’estero. Nel 1960 diventa responsabile dei servizi fotografici di Epoca. Sono gli anni in cui ha grande successo “l’inserto speciale” monotematico del settimanale e le foto di De Biasi danno un apporto fondamentale per questi inserti di circa 20 pagine fitte di fotografie. Le sue immagini, che hanno illustrato oltre alle innumerevoli riviste anche più di cento libri, acquistano fama mondiale e sono esposte in diverse mostre in tutto il mondo. Anche dopo aver lasciato Epoca, per tutta la vita continua a fotografare in modo quasi ossessivo dedicandosi anche alla macrofotografia ed alla sperimentazione fotografica e cercando sempre di cogliere l’estetica e gli aspetti non immediatamente evidenti di tutto ciò che lo circonda.
Nel 1979 è protagonista, insieme con alcuni dei più noti fotografi del periodo, di Venezia 79 la Fotografia, patrocinata dall’Unesco e dall’International Center of Photography di New York. Nel 1994 la sua celebre fotografia “Gli italiani si voltano” è il manifesto ufficiale della mostra The Italian Metamorphosis 1943/1968, al Guggenheim di New York.
Importanti riconoscimenti gli vengono attribuiti a livello internazionale, tra cui l’Erich Salomon Preis a Colonia (1973), il premio Saint-Vincent per il giornalismo (1982), il premio alla carriera al Festival di Arles (1994), il prestigioso titolo di Maestro della Fotografia Italiana (2003) e l’Ambrogino d’Oro dalla Città di Milano (2006). È membro della giuria internazionale del World Press Photo di Amsterdam per le edizioni 1975, 1976 e 1977.
Poco prima della sua morte, avvenuta il 27 maggio 2013 all’età di 89 anni, in occasione del Photoshow di Milano gli viene assegnato il premio AIF alla Carriera “per l’importante contributo dato in tanti anni alla conoscenza della fotografia italiana nel mondo, per la passione che ha sempre caratterizzato il suo modo di lavorare, per la curiosità con cui si è posto di fronte alle grandi vicende e alle piccole realtà insegnandoci così a osservarle e ad apprezzarle.
Mario De Biasi amava farsi ricordare con le parole dell’amico Bruno Munari: “Ha fotografato rivoluzioni, uomini famosi, paesi sconosciuti. Ha fotografato vulcani in eruzione e distese bianche di neve al Polo a sessantacinque gradi sottozero. La macchina fotografica fa parte ormai della sua anatomia, come il naso e gli occhi”.
Ringraziamo Silvia De Biasi per averci aiutato ed accompagnato nella stesura dell'articolo e nella scelta delle fotografie e per avercene autorizzato la pubblicazione.